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Torino - DISABILITA'. PARALIMPIADI, ROATA: E' REGOLAMENTO ENTRO CUI MISURARSIL (17.05.25)

2025-05-17 1 Dailymotion

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Torino, 17 mag. - "Nello specifico dello sport paralimpico, la disabilità deve essere intesa come semplice regolamento entro il quale misurarsi. Gioia della vittoria, dolore della sconfitta, la quinta essenza dello sport, ma soprattutto senza pregiudizi e compassione. Ho bisogno di raccontare il grado di disabilità per valorizzare il gesto tecnico che l'atleta ha compiuto". Non vuole sembrare riduttivo Lorenzo Roata, storico giornalista sportivo Rai, ideatore del programma Sportabilia con cui per 25 anni ha raccontato tutte le paralimpiadi da Sidney 2000 a Parigi 2024. Durante la presentazione del numero speciale della rivista SuperAbile Inail 'Paralimpiadi da record', al Salone del libro di Torino, il giornalista porta esempi concreti: "Parlo di Ambra Sabatini- spiega Roata- se dico che una senior dell'atletica leggera ha fatto 100 metri femminili in 13.98 secondi, per valorizzare questo risultato devo spiegare che questi 13.98 secondi sono stati fatti da un'atleta senza una gamba. La prima donna al mondo sotto i 14 secondi nei 100 metri categoria donna con amputazione. Ecco allora che è un 13.98 che vale all'infinito, perché è diventato una impresa di sport. Dietro c'è la fatica di un'atleta professionista che si è impegnata in allenamenti continui, fatica e una preparazione perfetta per arrivare alla grande prestazione di sport che oggi finalmente può compiersi in un evento come la Parlimpiade". Roata guarda avanti ed esprime un desiderio: "Vorrei che l'atleta paralimpico chiedesse al giornalista che lo sta avvicinando se lo fa con il solito modo compassionevole del 'che bravo che sei… tu poverino… il riscatto della vita', o perché ha compreso la grandezza della sua impresa di sport. Probabilmente questo momento di grande convinzione nel raccontare anche lo sport paralimpico è cosi bello che uno non butta via niente, forse però il nuovo scatto in avanti sarebbe quello di stare attenti a chi ci racconta questo sport soltanto per il politicamente corretto". Ecco allora che sono meglio i pregiudizi della compassione. "Non la pensavo così un po' di tempo fa- aggiunge Roata- ma oggi arrivo a dire che preferisco la volgarità e la violenza di un pregiudizio, quello che più di una volta mi ha affrontato dicendomi 'Non sarà mica sport, questo?', perché gli posso rispondere che è matto se dice una cosa del genere. Preferisco la volgarità di un pregiudizio all'ineludibile della compassione, del tipo 'poverino, che meraviglia, ma come fai?'. Quando ascolto queste frasi, immagino che la persona con disabilità incassi e abbozzi. Io combatto la volgarità di un pregiudizio, ma vorrei che scomparisse soprattutto il continuo atteggiamento compassionevole. I primi che non vogliono la compassione sono gli atleti- conclude- ma in generale nessun essere umano vuole essere trattato con compassione". (17.05.25)
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