Una mappa per capire quanto conta l'uguaglianza. Ogni anno, l’associazione ILGA-Europe fotografa lo stato dei diritti LGBTQIA+ nei Paesi del continente. Il risultato è la Rainbow Map, una classifica che valuta le leggi, le politiche pubbliche e le tutele per la comunità queer in 49 Paesi europei. Non basta organizzare un Pride o fare dichiarazioni di principio: ciò che conta, secondo il report, sono i provvedimenti concreti contro la discriminazione, la tutela delle famiglie arcobaleno. Il contrasto ai crimini d’odio, il riconoscimento del genere e l’accesso all’asilo per motivi legati all’identità sessuale. Anche quest’anno la mappa mostra un’Europa a due velocità, tra chi avanza e chi arretra. E l’Italia? Resta indietro, con un 35esimo posto che racconta più di molte parole.
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Malta resta al vertice, l’Italia arranca nei diritti LGBTQIA+
Per il decimo anno consecutivo, Malta guida la classifica come Paese più inclusivo d’Europa. L’isola ha ottenuto un punteggio quasi perfetto grazie a leggi avanzate sul riconoscimento del genere e a un basso tasso di crimini motivati dall’odio. Seguono il Belgio, che ha superato l’Islanda, e poi Danimarca, Spagna e Finlandia. Nella parte alta della classifica troviamo anche Grecia e Germania, segno che l’Europa occidentale e settentrionale continua a essere il motore dei diritti LGBTQIA+. L’Italia invece resta nella parte bassa, al 35esimo posto, superata non solo dai Paesi nordici, ma anche da realtà dell’est come Montenegro e Croazia. Il nostro Paese paga l’assenza di leggi contro le terapie riparative, le lacune sul matrimonio egualitario e una protezione legale ancora troppo fragile.
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Diritti in bilico: tra chi arretra e chi prova a risalire
Mentre alcuni stati fanno piccoli ma importanti passi avanti – come la Polonia, che guadagna posizioni (oggi è al 39esimo posto) dopo anni tra gli ultimi – altri segnano un brusco passo indietro. Il Regno Unito, ad esempio, è sceso al 22esimo posto, il risultato peggiore da quando è entrato nella Rainbow Map. Peggio ancora per la Georgia, dove recenti leggi hanno vietato non solo il riconoscimento legale del genere, ma anche l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso e la possibilità di organizzare eventi pubblici LGBTQIA+. In coda, restano Paesi come Russia, Azerbaigian, Turchia e Bielorussia, dove la repressione è sistemica e i diritti sono negati a livello istituzionale. La Rainbow Map non è solo un elenco, ma uno strumento per leggere i diritti come indicatori democratici: dove mancano le tutele per le minoranze, vacilla anche la qualità della democrazia.